Il piccolo Hans - anno X - n. 40 - ottobre-dicembre 1983
era il nemico, fORse. Io lento lento passava, e il cuore denTRo battea /ORTE. Ma colui non veDRebbe il mio spavento, sebben TREMASSI all'improvviso svolo d'una lucciola, e in sibilo di vento: [ ... ] Non occorrono lunghe escursioni per toccare l'insisten za quasi ossessiva del Pascoli sul lessico in varia comu nanza fonica con «morte»: per tutta l'opera egli ha inse guito echi di pensieri, ombre di gridi e di nomi, tracce di lagrime, echi di echi provenienti dalla plaga sconosciu ta dove vivono i morti familiari. Più servirà rammentare che «trama», «ordito», «tela», «fila», in funzione del rap porto vita-morte, sono tra le parole piìi durevolmente scin tillanti dell'accuratissimo lavoro compiuto da Foscolo nel l'ultima parte delle Grazie. Basti questo intrico per cime di versi: [...] e di più TRAME / raggianti, adamantine, al par de i'ETRA, / e fluide e pervie e intatte mai da MORTE, / TRAME onde filan degli Dei la vita [...]. Stiamo naturalmente illuminando una verità tanto tra scurata dalla critica quanto fondamentale nel trovare in versi, e cioè che un vero poeta non può evitar di secondare le virtualità espressive del linguaggio, come si dice, «in quanto tale»: lo sfruttamento del significante è così as siduo nei buoni poeti che l'immagine del parassita (offerta da non so più chi), d'un parassita certamente speciale, non sembra troppo peregrina. In questo senso non ha niente di strano l'affermazione di Montale («Corriere della sera» del 7 dicembre 1980): «Tutti i poeti scrivono le stesse cose, chi meglio e chi peggio». Nel C. XVII del Furioso, che ha femmin/L LAmenti seguito dal palindromo (donne) pALL/de (ott. 13, 2-4), tro viamo un'ottava (58) con queste rime: ombra: sgombra: 'ngombra, dorma: orma: torma, morte: consorte; e orma 137
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