Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983

Eguale interesse da un punto di vista psicoanalitico presenta la ricomposizione che Saba attua del Canzoniere nel 1920. Egli vuole registrare la storia naturale della propria poesia. E per questo gli sembrano essenziali gli oggetti poetici bizzarri, le «scorie», anche se turbano - si direbbe proprio perché turbano - la «sezione aurea» della letteratura. Precisa Saba: «Il compito della poesia è di risalire alla natura delle complicaziorii intellettuali e nervose in cui ci dibattiamo, spesso inconsapevolmen­ te». Altri scrittori sensibili come Giulio Caprin ed Ettore Cantoni si accostano ad un «tempo perduto» e ne ritro­ vano le fantasie. Cantoni si ricorda di quando giocava in piazza Hortis alla spartizione della Mitteleuropa o di quando scendeva con i compagni nelle grotte del Carso che apparivano come i turbamenti della prima adolescen­ za. Giani Stuparich nei colloqui immaginati con il fratello morto Carlo, riprende in modo elegiaco il tema del «dop­ pio». E Quarantotti Gambini al suo inizio, 1929-31, si con­ fronta con «una vasta casa disabitata», «stanze deserte», «corridoi tortuosi», «echi lunghi e cupi». Si apre così una fase ulteriore, sottile nella memoria e nella nostalgia, la cosiddetta letteratura della «triesti­ nità». Numerose presenze andrebbero considerate. Anzi­ tutto due voci poetiche, già vive nei pr1mi anni del '900: il poeta dialettale V:irgilio Giotti e · i suoi tenui «colori» ed il canto senza �empo di Biagio Marin (anch'egli in dialetto, un grades� «romanzo»). Tra i prosatori, oltre alle presenze continue/di Quarantotti Gambini e di Stuparich (che mantiene vivo il trauma della guerra), desidererei ricordare per la fine psicologia analitica Il segreto dell'A­ nonimo triestino (che anonimo non è più ed è Guido Voghera). Altri documenti tragici affondano tuttavia ancora nei conflitti presi in esame. Ne è esempio il taccuino del pittore «vianqante» Vito Timmel (che ci ha fatto conoscere 61

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