Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983
del mio ambiente (e non solo gli adulti) erano quasi tutti neurotici... gravemente tormentati dalla propria neurosi». Attorno al tavolo del dottor Weiss le domande, e anche le polemiche, sono fitte. Favorevoli e interessati Saba e Svevo, il pittore Bolaffio, il matematico Voghera. Accusa tore d'ufficio il filosofo Fano, un «Don Ferrante della co scienza» che però sa preoccuparsi della struttura logica del linguaggio. E non si tratta di una moda, è qualcosa che risponde ad una esigenza, e che trova riscontro in molti aspetti della cultura e della letteratura. I casi di Svevo e di Saba mostrano con chiarezza l'in flusso della psicoanalisi sulla produzione letteraria. Svevo riprende a scrivere dopo un lungo silenzio e con un esclu sivo proposito di conoscenza. Ecco la sua dichiarazione di metodo: «Io ho eliminato dalla mia vita quella ridicola e dannosa cosa che si chiama letteratura. Io voglio sol tanto attraverso a queste pagine arrivare a capirmi me� glio». Joyce è tornato a Trieste, sta terminando Ulisse e gli conferma quanto sia inevitabile un'odissea della co scienza. Nella storia di Zeno Cosini, del 1923, i riferimenti alla psicoanalisi sono espliciti anche se affiora una certa distanza scettica. Ma l'elemento psicoanalitico credo sia proprio quella fatica nello scrivere, scambiata per un'a bitudine al costrutto tedesco, che rivela tutte le ombre, · ambivalenze e sintomi, della parola. La tendeza di Svevo a non essere sistematico, a privilegiare i frammenti è pro vata dagli abbozzi per il quarto (non finito) romanzo Il vecchione (che riprende il tema della «senilità»). Ne «la rigenerazione» (testo che nella prima stesura risale forse a fine '800) ricorre il motivo della «cura», un'operazione che deve ringiovanire e assicurare la ripresa da quella senilità che altro non è se non la nevrosi. Dice Svevo: «Ci si mette a rovistare nella propria vita e si scopre tutto, cioè tutto quello che è fuori posto, tutta la vita. E si vede che quello che si credeva fosse la vita era invece una specie di morte». 60
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