Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983

temente». Ed è l'impressione del direttore del Burgtheat�r di Vienna, Hermann Bahr: «si ha l'impressione di non essere in alcun posto. Ho provato la sensazione di essere sospeso nell'irrealtà.» Disegnata nei particolari, compiuta nel destino interio­ re, la catastrofe, la guerra giunge improvvisa, mentr _ e «il tempo è splendido, l'aria è calda» e «tutti parlano delle bestie», cioè «del gran serraglio a Barcola». Su entrambi i fronti la guerra appare subito come l'epilogo di un teo­ rema, sia che si tratti dei «triestini» (come Slataper e Carlo Stuparich) sia che si tratti dei «danubiani» (come amerà chiamarli Quarantotti Gambini) Musil e Freud. E il destino di una pulsione, e forse non a caso Freud scrive proprio in questi anni Pulsioni e loro destino. Dice Sla­ taper: «c'è un desiderio curioso: d'essere imbrancati in qualche trincea, nel fango e nel freddo e di morire». E Saba parla di «viaggio perpetuo senza ritorno verso la morte, su cui domina la tetra e monotona oppressione dei rumori e dei castighi». Per Saba è un destino come la poesia. Ecco «i morti che cantano» «i morti dai riflessi verdi» che Kubin descrive, dopo la morte del padre, nell'incubo L'altra ragione. E la guerra è il realizzarsi di una fantasia parricida, lo sguardo azzurro e indifferente di Francesco Giuseppe è per sempre offuscato. Si apre la stagione del lutto, della sua elaborazione. Distintiva di Trieste è una letteratura di «memoria» e, s'intende, una riflessione sulle scoperte della psicoanalisi. La psicoanalisi giunge nel momento dell'esplosione dei sintomi, propone di comprenderne le ragioni oscure, pro­ mette una cura. Preparata da un'indefinita sensibilità per l'inconscio - il congresso futurista del 1910 e i pannelli visionari del pittore Timmel per il teatro erano state le estreme anticipazioni - la psicoanalisi penetra vivaceme!].te nei caffè, tra i loro specchi, diventa l'argomento domi­ nante di discussione. Ricorda Giorgio Voghera: «Gli adulti 59

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