Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983

rebbe in presenza di chi veramente parla con quel tipo di affettazione. Ma quando finalmente perviene al «saggio della sua dizione» vero e proprio: «Se l'ipotiposi del sen­ timento personale, prostergando i prelegomeni della mia subcoscienza, fosse capace di reintegrare il proprio subiet­ tivismo alla genesi delle concomitanze... etc.» c'è di nuovo uno scatto in avanti, dove viene superato l'umorismo e il comico parodistico e entriamo in pieno nel territorio del nonsenso arguto. Ma di questo parleremo più avanti. Cerchiamo ora di puntualizzare meglio in cosa consiste l'elem'ento comico della parodia, facendo riferimento · ad altre macchiette. La Gioconda, la Maria Stuarda, il Cyrano de Bergerac, l'Antico Romano sono sicure parodie nelle quali «si distrugge la coerenza tra il carattere che cono­ sciamo di una persona e le sue azioni, sostituendo l'alto personaggio o il suo modo di atteggiarsi con altri inferio­ ri», come dice Freud. Sono tutti personaggi «elevati», an­ che la Traviata in quanto eroina di un grande capolavoro operistico; quando si sente parlare di Maria Stuarda, viene automaticamente richiamata alla mente l'immagine di una persona di alto rango. La degradazione che Petrolini opera su questi personaggi è continuamente rapportata alla loro elevazione. I due termini del confronto che genera il co­ mico, elevazione-degradazione, devono essere tenuti sem­ pre strettamente compresenti perché esploda il riso. Il comico della parodia corre su questo solido ma cortissimo filo tirato tra l'immagine elevata e quella degradata. Nelle macchiette più tarde, la parodia colpiva bersagli sempre più sottili; più difficili da fissare all'analisi, ma più riusciti a livello della rappresentazione teatrale. Nel­ l'Amleto ciò . che viene messo in parodia è la dignità della malinconia di Amleto, che viene degradata a commisera­ zione per una scalogna nera, spicciola e quotidiana che lo perseguita come un'ombra: Giuoco a scopone il mio compagno spariglia i sette. 40

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