Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983

anche fisicamente, assumeva a poco a poco i tratti del buffone o del bamboccio. Aveva più di una rassomiglianza con Ubu. Per ottenere denaro Luigi II non rinunciava certo - ad appellarsi alla regola del «piacimento del Re». La seconda frase insegnatagli dall'istitutrice francese era stata: «Cy veut le roy, cy veut la loi», «Ciò che vuole 'il Re, lo vuole la legge». Ma quello che scriveva al suo ministro - «se non posso più costruire non posso più vivere» - era ormai una supplica e non un ordine regale. È possibile che vi sia un ministro ancora in grado di statuire una legge in base al desiderio del Re, quando il Re pensa solo a sopravvivere - e non certo in un figlio? È possibile per un Re rimanere il Re se la gerarchia costituita dai ministri risulta annullata, ridotta a servire ai capricci di «Sua Mae­ stà il Bambino»? Non era certamente facile vivere al seguito di Luigi II. Accadeva che ordinasse di frustare e incatenare un servitore che fosse riuscito sgradevole; di condannare a morte per un'infrazione a una regola della contegnosa etichetta che lui aveva stabilito. Per fortuna non insisteva molto perché gli ordini venissero eseguiti. Altrimenti la Corte di Baviera avrebbe presto finito per somigliare a quella di Ubu Re, e la dignità regale sarebbe stata come quella della regina delle carte da gioco in Lewis Carroll. Non si trattava di un suo personale esercizio di ferocia, ma solamente della conseguenza della logica del principio monarchico, che doveva essere spinto fino all'assurdo - come accadeva per i castelli - per arrivare ad essere rea­ lizzato nella sua essenza. Inoltre, non ammetteva quel genere di ministri coi quali bisognava mettersi d'accordo. Irritato dalle loro re­ sistenze, minacciò di formare un gabinetto ministeriale il cui presidente sarebbe stato Hesselshwaerdt, il suo par­ rucchiere, e i ministri i cuochi e gli scudieri. Questo, sì, avrebbe realizzato la perfezione della sovranità monarchi- 19