Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983

scrivono i loro testi, così li leggono». Il mondo adulto pone invece questa separazione come necessaria. Mentre per il bam­ bino «l'ancora una volta» è un ripetere nella differenza, per l'adulto è un ripetere nalla mimesi. Uno scardina le basi del­ l'identico, l'altro ne evoca le differenziazioni interne attraverso la mimesi. Se l'adulto si serve della parola, se narra, ed attra­ verso questo raccontare si libera da esperienze di terrore o­ riginarie, il bambino si serve della trasformazione, «dello smus­ samento», dell'evocazione, della parodia. Trasformazione e ri­ petizione sono le basi del gioco infantile, ed il ritmo cui il bambino deve adeguarsi è nel gioco stesso, è la «trasforma­ zione della esperienza più sconvolgente in un'abitudine». Ma se le abitudini non sono altro che forme pietrificate e irrico­ noscibili della nostra prima felicità ed il gioco è il tramitè tra la felicità e le invariopinte abitudini, ad esso spetta anche il compito di evocare le sopite originarie attese di felicità. Leggiamo in Nietzsche, in Così parlò Zarathustra: «Innocen­ za è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio ,- un gioco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì». Roberto Pasi 142

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=