Il piccolo Hans - anno X - n. 38 - aprile-giugno 1983
dimostrazione della propria debolezza nella vicenda dello Schleswig-Holstein. E prima di Massimiliano c'era stato Luigi I, il quale si interessava solo d'arte greca, e che dovette abdicare a causa dello scandalo provocato dalla sua folle passione per Lola Montez. Era un personaggio decisamente interessante, ma sicuramente non un uomo di Stato. Dietro il catafalco di Massimiliano non c'era un suc cessore sostenuto da una tradizione, ma un giovane, bello come un dio, che appariva in pubblico praticamente per la prima volta, splendido ma destinato a portare sulle proprie spalle delle speranze di cui non poteva avere idea. Per Luigi Il anche la formula «L'Etat c'est Moi» non vo leva dir niente, perché fu anzitutto la governante francese ad insegnargliela, allo stesso modo in cui noi impariamo l'inglese con la frase «My tailor is rich...». Possiamo star sicuri che l'austera persona che insegna va queste cose a quel ragazzetto non temeva di indurlo alla vanità, visto che era re per davvero. Ma alla fine il destino del giovane re fu quello di fare apparire la vanità della formula. Noi stessi siamo indotti a prestare solo un orecchio distratto, un orecchio da storico, a questa frase, nella qua le crediamo di riconoscere il segno di uri tempo, di un periodo storico nel quale la monarchia cosiddetta assoluta preparava la venuta dello Stato moderno, destinato a so pravvivere alla scomparsa del principio monarchico. In questo modo perdiamo di vista il fatto che, in questa frase, la questione che si pone, ancor più che quella dello Stato, è quella dell'Io. A questa doppia domanda, sullo Stato e sull'Io, Luigi II ha fornito una risposta penetrante, restituendo ùn'altra formula: «Meicost · Ettal». È l'anagramma perfetto di «L'E tat c'est Moi». Vi ritroviamo tutte le lettere, mentre sia 16
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