Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983

di un corpo rifiutato da colui qui oncques de terre n'eust sillon, giacché desiderava solamente esser visto non pas en char mais en painture. Si tratta ora dell'involucro cavo del pas-villon in questa seconda fine in cui il va e vieni delle campane turba il riposo eterno desiderato dall'«altro dello stesso». Da qui il sarcasmo che accompagna una fama il cui bruyt rimane tributario della ufficialità. E non era proprio da questo genere di fama che l'amante martire della lingua d'Amore aveva voluto sbarazzarsi, per conquistarsene una sua propria, e fosse anche la fama di qualcuno che gli archivi non ricordano? Questo finale è perciò abbastanza stupefacente, poiché il poeta vi fa tornare la voce del morto, quella dell'orfano adottato, per soddisfare le esigenze di coloro che non avrebbero né visto né sentito quest'altra morte, il cui mutismo costitui­ sce il tempo vissuto nel lavoro della scrittura e nella sua distanza: tanto è vero che la morte del poeta non richiede altra tomba se non l'Opera. Per costoro il Testamento si chiude nei rumori e nelle pubbliche cerimonie di quest'ultima scena, che fa dell'o­ pera un nuovo documento d'archivio, ma in assenza del nome di François. Certo, in quest'ultima Ballade, la rino· manza accademica del povre Villon, l'amante martire pian­ to, sotto il loro travestimento, dalle persone «vestite di rosso», non è, in ogni caso, la ri-nomanza che l'inchiostro del poeta ha traccia�o intorno al vuoto della fossa, e «sans autre historie» (v. 1877). Tutt'al più si potrebbe dire che la prima non cesserà mai di risuonare nella seconda, giac­ ché è un poeta prestigioso che ne ha concepito la scena derisoria. Roger Dragonetti (Traduzione di Mario Spinella) 94

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