Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983

che si stringe al collo di un animale. Non occorre altro per rendersi conto che la lassa del Lais, così prossima, per il senso ed il suono, al verbo lacier [«allacciare», N.d.T.], rende tutta l'opera di questo scrittore una pania di fili inestricabili come una rete di. fili intrecciati o di lacciuoli, tesa al lettore dal più astuto dei poeti francesi: Villon. Significante puro, il nome Villon, che per altro verso rinvia a «villeux» («peloso»), racchiude un gran numero di possibilità semantiche, che si fondano sulle risorse del­ la lettera. Le immagini che questa suscita aprono tutto un campo di connotazioni che, in particolare nel Lais, e per associazione con il nome del padre oscuro, rinviano sia alla degradazione fisica o morale, sia ad oggetti senza valore. Ne è testimonianza l'ultima ottava del Lais, dove il nome di Villon non soltanto rima con il nome di una moneta deprezzata e praticamente nulla, il billon, ma si identifica ancora più strettamente, per lo stesso nome, all'escouvillon, · 1a scopa nera e unta di grasso del forno da pane: Fait au temps de la dite <latte Par le bien renommé Villon Qui ne mengue figue ne <latte, Sec et noir comme escouvillon; Il n'a tente ne pavillon Qu'il n'ait lessié à ses ainis, Et n'a mais qu'un peu de billon Qui sera tantost a fin mis (L. 313-20). Questa svalutazione progressiva non risparmia nean­ che la cronologia dell'opera. Se, infatti, nella serie di ne­ gazioni che scandiscono l'ultima ottava del Lais, Villon fa rimare gli omonimi datte (nel senso di «data») con datte [«dattero», N.d.T.], il frutto che nel contesto ha il significato tropologico del misero pasto del quale il poeta 70

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