Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983
dell'elocuzione poetica. Sia che si tratti dell'equipaggia mento di un gran signore cortese (guanti, casacca di seta, v. 122; usbergo, v. 116; elmo, v. 147; spada di acciaio, v. 83; tende e padiglione, n. 72), sia che si tratti, àl contrario, di vecchi abiti che le molte rappezzature hanno raccor ciato (v. 239), di brache troppo corte (ibid.), di vecchie scarpe (v. 24), ecc., tutto si svolge come se queste spoglie, associate agli ornamenti della vestitio cortese caduta in desuetudine, . non rappresentino ormai per Villon che vec chi strumenti di tortura, o una prigione che rinserra la nudità di · un corpo che aspira a costruirsi una nuova pelle; sino al punto che Villon giunge persino a disfarsi delle ciocche dei suoi capelli, quei capelli che la retorica 12 ha da sempre utilizzato come tropo dell'ornamento più naturale: Item, je laisse à mon barbier Les rongneures de mes cheveux Plainement et sans destourbier; Au savetier mes soulliers vieulx, Et au freppier mes habits tieulx (241-245). La differenza tra questi lasciti e quelli del Testaménto consiste essenzialmente nel fatto che in quest'ultima ope ra, alle donazioni precedenti, riprese talvolta dal Lais, si aggiungono iscrizioni di insegne o componimenti poetici, in particolare ballate, còme se l'ornamento da cancellare per rendere percettibile la «nudità» di un'altra lingua (quella - potremmo dire - dissimulata nella larva (o nel verso) vestu en p resident (P.D., II, v. 5)) riguardasse adesso la scrittura in quanto tale. Tuttavia queste opposizioni: Lais-Testamento, vita -morte, firma falsa-firma . autentica, spoliazione retorica spoliazione della scrittura, non sono così nette come si potrebbe far credere. Non bisogna perdere di vista che questa lingua costantemente «messa in gioco», le cui pa- 62
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