Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983

chi altri esempi dell'universo montaliano degli insetti qua­ le ci appare, e questa volta attraverso l'uso dei qualifica­ tivi o della metafora, sempre negli Ossi. Ecco i (pochi) luoghi. In Egloga: «non durano che le solenni cicale / in questi saturnali del caldo» (ove il termine «saturnali», e, poco più sotto «non era una Baccante» accentuano il richiamo al mondo «classico», antico). In «Noi non sap­ piamo quale sortiremo» (della serie «Mediterraneo») il richiamo si ripresenta analogo: le «sillabe / che rechiamo con noi» sono dette «api ronzanti» e connesse alla voce del mare, il «padre». Nella chiusa leggiamo: «E un giorno queste parole senza rumore / che teco educammo nutrite / di · stanchezza e di silenzi, / parranno a un fraterno cuore / sapide di sale greco»: con una metaforizzazione, se è lecito dirlo, raddoppiata; per il referente mare e per quello dell'espressione stereotipa ma significativa «sa­ le attico» (a."t"tLKoi'. a.À.oi' .). Semmai un'anticipazione di una diversa collocazione della figura dell'insetto appare in un'altra, anch'essa ri­ strettissima, costellazione semantica che ad essi fa indi­ retto riferimento: sarà «il male / che tarla il mondo» di «Avrei voluto sentirmi scabro ed essenziale»; sarà il -ne­ mico vento di tramontana della seconda parte di «L'agave sullo scoglio», paragonato a «gli spiriti che la convulsa terra / sorvolano a sciami» (un termine, sciami, quasi «tecnico» per gli insetti, sul quale torneremo). La Crisa­ lide, infine, tratta a simbolo di ciò che non lascia tracce («Ah crisalide, com'è amara questa / tortura senza nome che ci vòlve / e ci porta lontani - e poi non restano / neppure le nostre orme sulla polvere.,;; o, ancora più di­ chiaratamente nella versione manoscritta conservata nel fondo degli autQgraf1 di Montale nell'Università di Pavia, e pubblicata nel '76 da Maria Corti e Maria Antonietta Grignani: «forse non sorgerà dalla crisalide / la creatura del volo. M'apparite / come me condannata al limbo squallido / delle monche esistenze». Finché, in «Riviere», 122

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