Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983
riopinta «gazzarra» degli uccelli, due dei quali, l'upupa e il martin pescatore (entrambi nella serie degli Ossi di seppia del primo libro) oltre che folgorare nella poesia, accompagnarono, impagliati, - oggetti simbolici che lo vegliarono - l'uomo Montale nelle sue varie dimore quo tidiane. Rara, tuttavia, in tutta la raccolta degli Ossi la presenza del mondo degli insetti; e risolta, nell'insieme, secondo canoni che potrebbero dirsi tradizionali, e persino «clas sici»: di quel classicismo cui ancora Sergio Solmi accen nava· nella sua lontana recensione. Si tratti di «le file di rosse formiche - le cicale dei calvi picchi» di «Meriggiare pallido e assorto», di «una fugace danza di farfalle» di «Tentava la vostra mano la tastiera», del «Debole sistro al vento / d'una persa cicala, / toccato appena e spento / nel torpore ch'esala»; delle zanzare «che annuvolano l'aria» «là nel paese dove il sole cuoce» («antico, sono ubriacato dalla voce»); del «ronzio di fuchi» di «Flussi» - non solo i nomina sono quelli degli insetti di tanta, e · della più antica, poesia - ma le loro figure sono immerse nel paesaggio, o - più precisamente - appartengono a quella «natura» che in «Fine dell'infanzia» Montale rievo ca come fosse «D'altra semenza uscita / d'altra linfa nu trita / che non la nostra, debole». Una natura perciò vissuta, e guardata, con quell'ottica ingenua di cui Schiller scrive: «In quest'ottica per noi la natura non è altro che esistenza spontanea, sussistere autonomo delle cose secondo leggi proprie ed immodifi cabili». «È proprio ciò che ci dà piacere [e sono, non casualmente, tutti esempi ritrovabili in Montale] in un modesto fiore, in una sorgente, in una pietra ricoperta di muschio, nel cinguettio degli uccelli, nel ronzio delle api». Ciò convalida quanto si accennava sul trattamento «classico» («antico» direbbe Schiller) del mondo natura le-animale degli Ossi. Un'altra conferma ci è data dai po- 121
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