Il piccolo Hans - anno X - n. 37 - gennaio-marzo 1983
tura, come l'acqua, incide direttamente sulla superficie della terra. In questo senso, intendimi, dico che ho esau rito la mia memoria: finora, il mio occhio ha ricercato nelle forme esterne - vicine o remote, enormi o minuscole - le linee più segrete della differenza, né c'era superficie, di albero di pietra di foglia caduta persino, sulla quale la sua forza trovasse tregua: una logica instancabile par lava a me dalle cose visibili, e teneva incatenati i miei sentimenti. Ho ricondotto così la storia della mia vita a quel punto elevato dal quale si può godere la vista di quanto è passato dentro di me: delle cose che ho visto, e che ora io non riesèo più a vedere. Ho l'impressione di essere entrato in un vasto tempio gotico, e di aggirarmi per le minuscole celle, gli oratori, i recessi sepolcrali, che abbondano in quel genere di edifici: la mia poesia vi procede da sola, apre lei stessa quel cammino; quella costruzione architettonica è la prosecuzione esterna e vi sibile del lavoro della mia mente. D. A sentire le tue parole, si direbbe che tu assegni alla pittura, come arte, un compito limitato rispetto alla poesia... W. Hai mai ripensato ai colori dei paesi alpini, così come ci sono apparsi nei nostri viaggi? Al verde vivido dell'erba, al nero delle foreste in lontananza, al candore abbagliante delle nevi? Nessuno potrebbe rimanere insen sibile di fronte alla sublime grandiosità di quel paesaggio, e tuttavia, l'avrai notato, la natura non si preoccupa di armonizzarne i particolari, graduando e sfumando quei contrasti che, gradevoli all'occhio che ne gode la prima volta, risultano quanto mai ripugnanti visti attraverso il p�nnello del pittore. Dovevano averlo ben capito i Maestri antichi, i quali, se non mi sbaglio, non ci hanno lasciato un solo dipinto che metta in evidenza la linea scoscesa e terribile delle Alpi: eppure Tiziano ha trascorso gran 107
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