Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982

ultimi quattro capitoli, dove Pofi, ormai vecchio pensio– nato lontano dalle «dilette Palermo, Erice e Castronuovo di Sicilia», saggia l'abisso di un tempo troppo «libero», scopre la letteratura - la sua funzione consolatoria -, fallisce, accetta; il destino di Pofi incontra quello del suo autore. Nelle desolate camere d'affitto della città caotica (Roma), questo riconoscimento si compie nel segno del– l'eterno ritorno. Pofi dovrà prima aggredire e comprende– re la funzione della «persona assente», assumerne i tratti e la specificità; il romanzo - Roberto - che intraprende a scrivere quasi per «perdere» tempo ripete fedelmente gli iniziali processi di questo riconoscimento. Roberto si alza dal letto «una magnifica mattina, comode pantofole brune, scarmigliato, facendo un po' il Laocoonte»; Siro, il servo - nome preferito al «banale» Ciro - porta il caffé, «Roberto di buon umore» si fa la barba con diligenza, poi «allo specchio i diti con piccoli palpamenti sull'asciu– gatoio fioccoso percorrono le guance quasi indicando qui ce n'era, qui pure» 29 • Poi, all'improvviso, «cala il velame» da questo specchio di certo simile a quello nel quale Vitangelo Moscarda studiava con affannosa angoscia la pendenza del proprio naso, e «appare riflesso uno scono– sciuto». La presenza, simile e dissimile - nessuno e cen– tomila - inquieta, Roberto si volta. Nessuno è là. Torna a rimirarsi, gli appare l'immagine, e non con la propria, giusto in suo luogo, barbuta ed è sbarbato, rugosa, spiacevole, Roberto digrigna i denti e li digrigna colui, fa una boccaccia, l'altro subito se ne appropria, esce la lingua ed è scimmiottato, si gira, e non c'è più 30 • Questa presenza minacciosa avvertita da Roberto allo specchio «giusto in suo luogo», questo volto così uguale e diverso che si appropria di ogni suo gesto sembra essere la metafora ultima con la quale si evidenzia il rapporto fra Pofi e la «persona assente»; in più, ne è la diretta 101