Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982
nalisi. La conclusione di Freud è che la configurazione simbolica è solo un materiale che fa parte dell'elaborazio– ne preconscia, ma non costituisce certo il centro del la– voro onirico. La cautela rispetto ai simboli è riaffermata da Lacan. Nel simbolico, come negli altri registri, c'è uno scarto: il reale non è la realtà, il simbolico non è il simbolistico, l'immaginario non è l'immaginazione, ma ha a che fare con la struttura dell'io. Quello che si esperimenta in analisi, è che, giusta o sbagliata che sia, la traduzione dei simboli si rivela ino– perosa e inefficace. Come dice Ferenczi, bisogna distingue– re, in psicoanalisi, la superficialità dell'allegoria dal «sim– bolo che entra nel sangue». L'avanzata della psicoanalisi si fa solo sulla punta in– candescente della teoria. Constatata la povertà dell'inter– pretazione, la teoria stessa viene però a fuggire in avanti mano a mano che, formulata, trova la sua enunciazione. Per la psicoanalisi teoria è qualcosa che non si sa prima, ma che quando appare, emersa dalle analisi, ha una va– lidità solo in riferimento alla clinica nel presente e nel passato. Contrariamente alla legge, la cui efficacia riguarda il futuro, una scoperta psicoanalitica è efficace fino a quan– do non è «promulgata». È efficace cioè nell'intervallo tra la sua scoperta e la sua divulgazione. C'è una dialettica fra la credenza del simbolo, sapere certissimo, che però non raggiunge mai la sfera della ve– rità, e la visionarietà propria della teoria la cui funzione è di verità fino a quando non è ridotta dall'interpretazione. Ciò che spinge la teoria non è ciò che ne deriva. Ab– biamo allora un duplice percorso. Dall'interpretazione alla teoria, e qui si situa l'intervallo che dicevamo, un inter– vallo terapeutico, e di nuovo uno scadimento, dalla teoria all'interpretazione, quando la teoria, dall'essere il momen– to di verità che emerge e dà forma alla clinica, diventa 12
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