Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982

tare di Michelangelo è il 153 delle Rime, indirizzato a Vittoria Colonna: Non pur d'argento o d'oro vinto dal foco pò esser piena aspetta, vota d'opra prefetta, la forma, che sol fratta il tragge fora; tal io, col foco ancora d'amor dentro ristoro il desir voto di beltà infinita, di coste' ch'i' adoro, anima e cor della mia fragil vita. Alta donna e gradita in me discende per sì brevi spazi, c'a trarla fuori convien mi rompa e strazi. La similitudine rinvia al lavoro dell'artista, come ac– cade in molte altre rime, anche dall'intonazione bernesca, e nel suo svolgersi dà forza ai due soggetti della compa– razione: la forma vuota che attende l'argento o l'oro fusi dal fuoco, e il desiderio vuoto dell'infinita bellezza di lei. Sulla seconda sponda la comparazione ha due termini, l'io e il desir: la forma disposta a ricevere l'amata è il soggetto poetante ma anche il desiderio. Questa compre– senza pronunciata dice molto d'una teoria del piacere quale soltanto la riflessione psicoanalitica avrebbe poi raccolto. Ma l'elemento che salda le due parti e permette la comparazione è il foco, che spostandosi dal primo grado al secondo si spiritualizza e si fa da elemento materiale metafora, da materia del lavoro artistico condizione fisica e spirituale, e se è portato nella più antica e trita delle esposizioni (loco d'amor) è proprio il°confronto con l'ele– mento naturale, prima pronunciato, che espone in certo modo la materialità e verità della metafora. Siamo insom– ma davanti ad una astrazione che rinvia direttamente alla materia di cui si alimenta. Che questa materia che dà sostanza di definizione alla condizione amorosa sia l'ele- 75

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