Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982

nell'aprile del 1935, legge Michelangelo poeta offrendo un'antologia «tendenziosa, dimostrativa», secondo una ra– gione di stile, ponendosi dunque in ascolto del respiro che dà vita alla lingua poetica. Contini dice di volersi porre come il naturalista che porta i suoi strumenti, il suo microscopio, e invita, «con una cert'aria d'intimida– zione», a vedere «fatti» e non «mitologia» o «ipotesi». Si tratta di «mostrare» il lavoro della lingua, dunque il modo che un autore ha di conoscere le cose («Ogni po– sizione stilistica, o addirittura grammaticale, è una posi– zione gnoseologica»). E così Contini trascrive in sperimen– talismo critico i versi con cui Berni aveva definito la poesia di Michelangelo in opposizione a quella dei petrar– chisti: « Tacete unquanco e pallide viole / e liquidi cristalli e fere snelle / ei dice cose e voi dite parole». L'antologia di Contini si oppone, nei fatti, a quella di Croce, e lascia nella loro fervida autonomia le esegesi romantiche. Sceglie testi che dimostrano quanto attive e innovative siano in Michelangelo due componenti, quella petrarchesca e quella bernesca e burchiellesca o «popo– lare». Il passaggio ad essa è dato da una designazione della cosmografia michelangiolesca come «tutta sostanzia– le e poetica, non razionale e classificatoria», tutta intenta a guardare la «cosa»: «La lettura di Michelangelo rileva infatti l'intensità particolare delle parole medie del discor– so, quelle che corrispondono alle sostanze (si accolga que– sto termine nel suo significato pieno), alle sostanze quo– tidiane del mondo. La lirica di Michelangelo può definirsi per la poesia del pane» 7 • Dalla «passione ossessiva per le cose» alla «evocazione contigua delle cose» fino alla resa dell'«urlo delle cose». La singolare penetrazione di Contini, lo scatto esegetico, sta nel riuscire a porre il religioso della poesia di Michelangelo nella ripetizione martellante dei termini, nella risillabazione di vocaboli evocatori, dunque nel rituale, fino al calembour e alla agudeza, fino al gioco con le parole come con «entità 71

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