Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982
Con essa si può finalmente venire a conoscenza di autori come Veselovskij (1838-1906) e Potebnja (1835-91) che finora - tranne sparsi cenni - erano del tutto ignoti (Avalle aveva già opportunamente ripresentato, nel qua– dro di un'interpretazione suggestiva, un saggio di Veselov– skij sulla «fanciulla perseguitata» (Bompiani 1977); mo– tivo questo - va notato - caro anche a Meletinskij). Riandiamo così alle grandi tematiche: il rapporto fra mito e linguaggio, fra letteratura e tradizione, fra arte e folclore; sentiamo che queste riflessioni sulla letteratura si riverberano come «orme del pensiero» (Potebnja) sui temi della vita quotidiana e della cultura civile - anche attraverso le strette porte della stilistica - e non sono soltanto impreziositi labirintici sfoggi che destramente sfuggono all'essenziale. Insomma: riscopriamo, anche se il termine è improprio se non perfino erroneo, il «roman– ticismo», i tempi delle passioni, anche quando queste sem– brano vacillare o essere vane (come per Kafka o Ejzen– stein). «Letteratura» è qui un termine assai generale ed è appunto sinonimo di «cultura» nell'accezione che i cul– tori di semiologia hanno acquisito tramite la familiarità con altri russi, Bachtin e poi Lotman. Per dare un quadro preciso del volume, tanto ricco e sfaccettato, non si può non far ricorso al sommario, anche dopo un'attenta lettura: esso si apre con una tra– versata interpretativa di Avalle (pp. 5-66) che, puntando sul rapporto linguaggio-cultura, illustra i rapporti fra il «già dato, già pronto» (la tradizione come repertorio co– stituito) e «il meccanismo vivo della coscienza collettiva» (p. 8) così da unire nella stessa trama gli studiosi del secolo scorso e le proposizioni recenti o attuali dei semio– logi di Tartu. Alle origini il linguaggio. Non dal punto di vista delle priorità storiche o genetiche ma da quello dell'attività simbolica, rappresentatrice e comunicativa. Pensare la realtà, anche quella «mitologica», in termini linguistici - e viceversa - è conservare l'«oscura coscienza 208
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