Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982

cui si avvicina solo il gesto fragile del sentimento. È l'e– sistenza stessa che ha figura, nella «verità dell'errore, del– l'esilio, nel desiderio infinito che non ha bisogno di essere soddisfatto, nella volontà di ritorno al grembo della luce». (Franck) In cerca di ciò che non è l'essere: il Bene. Ma la strada è bloccata dal «proprio osso frontale», restano solo la grazia e il contegno, la raccolta, la ricerca di un oggetto che sia l'inizio di una collezione. E ciò si trova nella «felicità non disciplinata dell'infanzia» (Infe– lise-Fronza). Il navigatore della metropoli - bimbo e flaneur - passa, traversa deserti, fiuta la traccia fra le cose, va oltre, ri– torna, unisce i contrari e trasforma gli orrori. Il «fla.neur– lecteur» (Rey) scopre e traduce, si nasconde, dissimula, vive intensa la sua libertà sorvegliata, nel magico del testo e l'enorme della città. Benjamin mostra ciò che non è più, ciò che si confonde e si fissa, lo stravagante turbamento del percorrere una scia, nel segno del già-stato che un archeologo del «là c'è qualcosa» è capace di rinvenire. E distrugge anche, per aver ancora tracce. Adolf Loos, l'architetto, secondo Benjamin si rivolgeva al «nudo uomo del nostro tempo che strillando come un neonato se ne giace nelle sudice fasce di quest'epoca». Aveva già capito la potenza del «lavoro distruttivo» (Rampello). «Allegri risuonano i colpi d'ascia»; e vien tracciato dal carpentiere il fondamento di un tetto. In bilico nel presente, straniero e ospite, ricco di sapere e di immagine, il «Bibliograph» Benjamin, con la «sua smania di far misteri», il mimetico stilista di quanto è «impartecipabile» (Schiavoni) salva l'individualità perden– dola nella pianta della metropoli. La vita immediata viene dotata di sostanza nel fram– mento istantaneo, in quanto sembra indimenticabile per– ché sta avvenendo. Nei luoghi fatati e fatali del destino 197

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