Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982

le strade della città, e gioca con il senso, nel ricordare. Solo l'infanzia produce pura immagine, solo per il bam– bino il mondo è figura. I testi della Infanzia berlinese descrivono una «topografia dell'infanzia». La casa, la cor– te, il quartiere, lo zoo, il mercato, sono proprio i luoghi dell'esperienza del giovane essere che attraversa il mondo infinito e si appropria dei suoi modelli; ed impara a smar– rirsi. La surreale forma dell'urbano è l'autentica Ergriffe– nheit, il rapimento estatico, la presa, la patetica inconsa– pevolezza dell'essere afferrati che la cosa rivelata incor– pora come apparire e che agisce sulla vittima «colpita dal pittoresco», come in Max Jacob, citato da Benjamin. Essere nel mondo vuol dire essere senza centro, senza nome, Namenlos o con il nome di un altro (Ardor, Holz, Agesilaus), nella città che si estende per chilometri, nella mezzanotte dei quartieri, essere senza protezione, creatura che ha solo occhi, dove non c'è l'Aperto, ma solo il co– struito. I luoghi e le cose, nella filosofia della vetrina del mon– do delle merci, appaiono al flàneur come al bambino ap– pare l'ordine da altri predisposto della sua casa. «La figura del bambino è una figura solitaria, in attesa, che fraintende. Il bambino cerca alleati trasversalmente al mondo degli adulti; nell'isolamento, nei resti del mondo fenomenico. (...) Gli si addice ciò che è stato abbandonato dagli adulti. È di continuo sulle tracce di luoghi appar– tati.» (Lindner) Mitologica regione, popolata di mostri, è la «terra di mezzo», quella del «glauco chiarore dei passaggi» (Rella), ove il cacciatore di immagini si addestra a sopravvivere, nella città incubo dalla astrazione indifferente. Nelle al– lucinanti trasparenze di una forma di vita che sta distrug– gendo la possibilità stessa di dimorare - «Abitare è di– venuto ormai praticamente impossibile», dice Adorno - «la strada diventa la dimora del flàneur»; egli ha appreso 195