Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982
ma figurato che preme per l'unità fra parola ed immagine. Il segreto del simbolo viene custodito dagli esegeti di Benjamin. Il pathos della distanza il non rappresentato nella cifra filosofica della raffigurazione. «Il cristallo è mistico nella imperscrutabile chiarezza. (...) Il raggio ar– tificiale dell'intenzionalità somiglia al lampo abbagliante che fissa le cose per forza di sortilegio» (Schweppenhau– ser). Benjamin viene messo in relazione, nel piano della lingua, ad attitudini magiche ed a procedimenti tecnici mitologico-mantici, astrologici, grafici e logico-tecnici, a numeri, canoni, rime e formule. Bimbo e flàneur La passeggiata solitaria, fondamento della conoscenza del moderno, è un camminare verso il passato, è esperien– za dell'origine dentro il mostrarsi totale della vita. Nella grande città. «Come ogni esperienza valida e provata abbraccia an– che il suo contrario, così qui l'arte consumata del flaneur abbraccia la conoscenza del dimorare». Le immagini han– no dimora e queste immagini cerca il flaneur, dovunque. «Il flaneur è il sacerdote del genius loci». La passeggiata tra la folla dell'acuto perdigiorno, che si è dotato di una consapevole anonimità, è il mezzo del sapere nel vedere, il compito rimemorante, e la pena per una colpa non commessa, della ricostituzione della dimo– ra, dell'interno dissolto nella metropoli, nella fantasmago– ria delle merci, fra la passione per il dettaglio e la perfetta indifferenza. Ma a Berlino, attorno al 900, il viaggiatore incantato nel mito della metropoli è ormai il precoce bimbo, che molto presto impara a vedere e può trasfor– mare, nel creare la sua lingua, il puro corso delle cose, la fatticità, in fantasmi carichi di memoria e saturati di senso. Intraprende una discesa nelle cose chi percorre 194
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