Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982

so». È lui che l'analista istituisce come soggetto supposto sapere; e dopotutto non c'è poi tanta mala fede in questo, perché in questa situazione non si può fare affidamento su nessun altro. Il transfert si fonda su questo, che c'è un tipo che mi dice, a me povero fesso, di comportarmi come se sapessi di che cosa si tratta. Posso dire qualsiasi cosa, qualcosa succederà sempre, ce n'è abbastanza per causare il transfert! E non capita tutti i giorni. Quel che definisce l'analista l'ho detto da sempre, sol– tanto che nessuno ha mai capito niente e per di più è naturale, non è colpa mia: l'analisi è quel che ci si aspetta da uno psicoanalista. Allora quel che ci si attende da uno psicoanalista - bisognerebbe evidentemente tentar di capire cosa voglia dire, è talmente lì, così, a portata di mano ... è il lavoro, il plus-de-jouir, è per voi - quel che ci si attende da uno psicoanalista, come v'ho già detto la volta scorsa, è che faccia funzionare il nostro sapere in termini di verità. È per questo che egli si confina a un mezzo-dire e avrò occasione di ritornarvi perché ciò ha delle conseguenze. È a lui e solamente a lui che si indirizza quella formula che ho così sovente commentato del «Wo es war, soll ich werden». Se l'analista può oc– cupare questo posto in alto a sinistra che determina il suo discorso, è appunto per il fatto di non essere asso– lutamente lì per se stesso; là dov'era, il plus-de-jouir, il godimento dell'Altro, è là dov'era che io in quanto pro– fesso l'atto psicoanalitico, debbo avvenire. (Traduzione di Paola Mieli) 189

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=