Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982

fare con l'erezione, ma, più strutturalmente con l'innerva– zione, come la corda tesa per dipingere lo zoccolo del muro, tramite la quale il simbolo viene trasportato al luogo che è per ciascuno quello peculiare di un Wo es war. E se allora la fine dell'analisi fosse un processo silen– zioso, un processo eminentemente non linguistico, che si muove lungo il motivo di una musica e il filo di una danza, nello spazio di un disegno? Come è possibile che un ingegnere che suona il flauto debba chiamare il tecnico perché pensa che il suo hi-fi sia rotto e invece è solo volto all'ascolto in cuffia? O che io debba fare lo stesso perché il mio giradischi è fissato sul compito del «registrare»? C'è tutto un sapere tecnico consegnato nei diversi pul– santi di un apparecchio ad alta fedeltà che non si riesce a tenere a mente. Solo una specializzazione un po' maniacale permette di servirsi di tutte le possibilità di un complesso ... Ecco qualcosa di ben difficile da insegnare: l'ascolto, la registrazione, l'amplificazione, il filtraggio, la mono o stereofonizzazione, ecc ... .la «nuova e più sottile regolazio– ne». Ciò che funziona in analisi non sono le spiegazioni, apertura di un foglio senza tagli, che pure sono vere, ma qualcos'altro che determina uno spostamento riguardo a una configurazione topologica. Per il nostro «luogo della fobia», non basta nemmeno che in analisi esso venga mes– so in evidenza, come non basta che in analisi vengano svelate le modalità del desiderio. Ciò che deve avvenire è il ricongiungimento di un desiderio al luogo originario nel quale si è strutturata una nevrosi. E ancora non basta, giacché la nevrosi non è la sola uscita dalla fobia, è solo la riuscita di un compromesso. Le altre uscite che conosciamo sono la psicosi e la per- 22

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