Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982
limiti dell'opposizione teologica posta all'inizio); né serve a questo scopo applicare ai due corni del dilemma le due varianti linguistiche del discorso su Dio (apofatica e catafatica). Quanto alla diversità dei percorrimenti, mi sembra poterli spiegare così: la poesia tende a divinizzare l'oggetto del proprio discorso, e finisce per ripiegare su risultati che rivestono la maschera dell'apòfasia; la misti– ca è costretta ad umanizzare (cioè a semiotizzare) l'oggetto non umano e non semiotico del proprio discorso, e finisce nell'elazione o nella deflazione del mezzo comunicativo. Il dio (o la dea) dei poeti è descrivibile per iperbole me– taforica, cioè per accrescimento, ma un accrescimento che si dilata sugli interstizi, sul vuoto della contiguità; il dio dei mistici è descrivibile per sottrazione e per incongruen– za, ma sottrazione che giunge all'esproprio stesso dell'es– sere, che rileva in sommo grado il «c'è». Donde all'onore dell'uno viene fabbricato l'idolo, all'onore dell'altro l'ico– na. Giovanni Pozzi 143
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