Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982
che ci appare alla fine non è affatto ciò che ci ha condotti per tutto il lavoro della composizione. Questo rapporto tra colore e rilievo lo ritroviamo rac– contato da un grande tecnico che sottolineava l'importan– za del secondo a scapito del primo. Un orefice di cui voglio riportarvi la storia e il cui interesse per la psicoa– nalisi sta, secondo me che ne ho riletto la vita, nell'essere anzitutto un pifferaio fallito. Il padre di Benvenuto Cellini, ci dice la « Vita», era un tecnico, un ingegnere, un meccanico che costruiva stru– menti musicali, organi, clavicembali, viole, liuti, arpe e anche altri congegni meccanici, come «modi di gittar ponti e di costruire gualchiere», macchine mosse dall'acqua u– sate per sodare i panni. Ma più di tutto, e per questo accantonava il resto, ciò che lo interessava era il piffero. E il suo sogno era che il figlio divenisse un gran suonatore di flauto, il maggiore del mondo. Questo piffero, che segna la lotta di Benvenuto con il padre, visto che «con tutto che l'età mia fosse teneris– sima dove i piccoli bambini sogliono pigliar piacere di uno zufolino e di simili trastulli, io ne avevo dispiacere inistimabile, ma solo per ubbidire suonavo e cantavo». Il motivo del piffero o cornetto ricompare nella vita di Benvenuto, che nel frattempo è divenuto invece abilis– simo orefice, pur sognando, a sua volta, di divenire gran– dissimo scultore, ogni volta che un «fanciullo meraviglio– so» attraversava la sua strada. Se un giovanetto travestito, di cui Benvenuto dice di amare la sorella, appare a una festa, ecco che Benvenuto riprende a suonare il piffero. Questo «motivo del piffero» ci guida a scoprire nella vita di Cellini le stesse tecniche del sogno: spostamento, è la fuga delle attività del Cellini l'una nell'altra, il piffero al posto dell'oreficeria, l'oreficeria al posto della scultura, la scultura, infine, quando tra tempeste e incendi arriva a realizzarla, al posto del restauro delle anticaglie cui si 17
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