Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982
sue mani a muovere la sega. Forse la sega si muove da sola. Pure si rende conto che le sue braccia e le sue mani compiono i movimenti necessari a muovere la sega. Non è lui a muoverle. Forse gli ordini arrivano da un cervello parallelo al suo? È un pensiero che lo attraversa. Di fatto la sega non lavora più sul corpo degli ontani, sta attaccando le sue gambe senza che possa neppure tentare la fuga tanto sente di essere infisso nel suolo, come se le dita dei suoi piedi fossero. diventate radici ramificate e saldissime. La domanda non smette, va al ritmo della sega: «Fanno ombra? Fanno ombra?». Poi solo «Ombra? Ombra?». L'ombra è la bugia. Le gambe si stanno accorciando, vengono tagliate a pezzi, un po' alla volta, a partire dall'alto, così che il tagliatore di on– tani, ridotto subito a cul de jatte, può osservare da fuori il lavoro della sega sulle gambe infisse al suolo. Con que– sta tecnica l'altro gli ha comunque precluso la possibilità, sia pure remota, di vincere la pesantezza da sogno e di darsela a gambe levate. Spalanca la bocca come un cuc– ciolo che invoca il cibo. Non ci sono tracce di sangue. Forse le gambe erano di legno già prima di essere segate, senza foglie, come rami secchi. Ora le mani del tagliatore di ontani hanno abbandonato la sega lucente dentro lo specchio e lo afferrano per i capelli come volessero sol– levare il troncone. I capelli si staccano compatti come la parrucca di un ghigliottinato. La bocca si richiude a fessura, gli occhi si ripiegano, afflosciandosi, si suturano le ferite delle narici. Il ciocco del tagliatore, il ciocco che è il tagliatore, viene caricato su un carretto da un vecchio contadino ladro ben noto nella zona per la sua forza longeva e scaricato nella sua legnaia per essere si– stemato in mezzo agli altri ciocchi rubati qua e là, così che abbia il tempo di seccarsi per bene e esser pronto, allora, per il fuoco dell'inverno. 12.7-7.8 1982 Antonio Porta 115
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