Il piccolo Hans - anno IX - n. 36 - ottobre-dicembre 1982

temente richiesta, del viscoso desiderio del ritorno. Questa l'azione che risolve; dileguando Pofi come Lumpi nel «rac– contar volubili contingenze» sarebbe andata altrimenti, sarebbero nate già qui le «discontinuità astratte ed im– mote» del successivo Pizzuto. Invece questo riconoscersi, questo sorprendersi nell'atto di avviare giusto queste «di– scontinuità», schiaccia Pofi oramai decisamente dalla par– te del narratore: onde le pagine di Si riparano bambole uniche possono dirsi realmente autobiografiche. Soltanto da ora Pizzuto potrà cominciare a riparare quelle bambole che avevano assurdamente assunto l'aspetto di Amleto dopo il pirandelliano «strappo nel cielo di carta»; da ora e definitivamente potrà riconoscere che «il fatto è un'a– strazione», e con queste astrazioni, con questi pupi ripa– rati tentare il dispiegamento verso il giorno estremo. Si confronti - giunti a tanto e per più non dire - il finalizzato ritorno in treno di Si riparano bambole con la soterica estasi ferroviaria di DD, penultima delle Penul– time: Piuttosto nell'urlìo ferroviario predominare fra campate di ac– ciaio scintille e echi, abbandonate dolcezze correre per una meta a darsi, quale se quale 41 • Non più realtà nella quale s'esalta - barbarie fucina del soggetto - il «momento per concludere» ma solo sgomento di un viaggio che non si può intraprendere, perché, come la fuga, non ha la meta che pure ancora si vorrebbe ultima trascendenza - quale se quale. «Dammi ancor». Gabriele Frasca 105

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=