Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982
Una «plaisanterie absurde», che sarà magari un motto di spirito nel senso più tecnico del termine, spunta quasi in coda al libro, ed è la battuta di Simon davanti alla diagnosi psicoanalitica del suo medico: «il s'était contenté de lui répondre... qu'il n'avait rien à faire à Cologne...»; cui non resterebbe che replicare con un altro motto di spirito, la storiella dei due ebrei e del viaggio a Lemberg o a Cracovia: «perché m'inganni col dirmi la verità?». Ma qualche cosa d'altro si corona nel titolo, legato al puro significante fonico: se «un trou» faccia eco, per un orecchio inglese o abituato a tale lingua (si ricordi che Simon Lecoeur è supposto insegnante alla scuola a mericana di Passy), al quasi omofono «untrue», ossia falso infedele, ma anche fuori centro. «Dove era...»: ma che cosa? In un paragrafo dell'Inconscio come insiemi infiniti, Matte Blanco rilegge la divisa freudiana del «Wo Es war...», punto discriminante della psicoanalisi, che già a veva consentito una presa di posizione a Lacan. Ben oltre la goffa pretesa di «déloger le ça», vi individua una «fun zione di traduzione che estrae senza limiti relazioni asim metriche dall'inconscio e fornisce una fonte di arricchi mento dell'asimmetria e dunque dell'Io...»: come dire, u n'estrazione di ricchezza che non riduce la fonte, non ne porta via nulla. Qualcosa di analogo intercorre fra un testo letterario e ogni sua lettura critica. Il modello, piuttosto che una occupazione territoriale del testo (dov_e esso sia finalmen te esaurito nella propria riduzione interpretativa), lavora a cavarne energia, attivandosi e attivandolo nel contatto. Alla fine, quale arricchimento ovvero passo avanti ha prodotto una lettura del genere? Ha identificato l'orien tazione dei vari discorsi narrativi dentro il discorso glo- 82
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