Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982

mediana, centrale, del suo corpo. Così egli scrive un mo­ nologo d'assoluta veridicità. Assurdo o mostruoso, lumi­ noso o grigio, non essendo costretto a coagulare in segni e disegni il flusso del suo spirito. Il segreto della singo­ larità che ogni autore detiene va forse cercato in questa sola e semplice nozione: veridicità (che ciò che racconta poi sia inventato non ha anche qui importanza). Come non avrà importanza se il mondo evocato sia assurdo, mostruoso, luminoso o grigio. L'essenziale, è una sola co­ sa: veridicità. Perciò ogni grande libro ci appare un luogo perfetto, coerente, armonioso nelle sue bizzarre caverne, strani animali, flora... Maurice Chavardes pose Vulcano accanto de Il Castello e dell'Ulisse avendo ragione per quanto riguarda la cifra o le dimensioni dell'opera, indicando c_he i tre libri hanno di certo un elemento comune: sono eretti come montagne, ed è arduo conoscerli subito per la vastità del suolo e le profondità delle valli. Ma c'è peraltro una enorme di­ versità tra i tre scrittori ed istintivamente, parlando di Lowry, proprio quei due non li avrei menzionati. L'Ulisse constatò e trasmise per iscritto la cessazione più o meno completa d'ogni speranza: è tutto detto all'interno d'una cripta che è Obitorio dello spirito. Valanghe d'ironia, de­ risione, vezzo, futilità d'ogni dignità. Joyce, come è stato detto, non amava nessuno. Egli fu vittima davvero d'un destino crudele: quando divenne grande, perse l'amore. Ai tempi in cui s'accostò all'Ulisse era già gravemente deluso (danneggiato). In Kafka abbiamo l'aspetto opposto: v'è un'inaudita accettazione, gioiosa o spesso lieta dei la­ birinti in cui l'esistenza lo stava spingendo. Il primo in­ somma dette forse un'importanza esagerata all'uomo-cit­ tadino e ne fu, in tempi di massima maturità, amaramente deluso. Il secondo non li considerò nemmeno responsabili dei propri atti e ancor meno dei propri pensieri (il per­ sonaggio kafkiano non pensa). 40

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