Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982

solo un dignitoso libro di memorie, il libro di Day non muterebbe. (Ma si sa che si parla d'un «genio» e allora tutto è scusato: questo il taglio.) Ma ripeto: dal punto di vista biografico è un libro fittamente intarsiato: opera su cui lavorare quale miniera d'informazioni. Indicando verso la centesima pagina del suo volume la strana attitudine di Lowry durante i tre anni di Cam­ bridge, veniamo informati che questi sembrerà ignorare i clamori letterari e politici del momento (1934): Hitler, Surrealismo, quel mezzo colpo di stato che subì Parigi sotto la Terza Repubblica. La sua attenzione era comple­ tamente rivolta verso i clamori della sua esistenza quo­ tidiana; ogni individuo aveva su Lowry un potere straor­ dinario. Sapeva comprendere troppo rapidamente l'indi­ viduo che gli stava accanto ed è perciò che noi possiamo dire d'aver un po' di «Lowry» all'interno del nostro san­ gue. Ascoltiamo dalla voce di Malcolm Lowry ciò che lui stesso pensava del suo primo capitolo. Quasi a mo' d'in­ cipit le prime parole della sua celebre prefazione all'edi­ zione francese di Sotto il Vulcano dicono: ...Ad ogni modo, lettore, non considerate queste pagine come un affronto alla vostra intelligenza. Esse proverebbero piutto­ sto che è l'autore, qui, a interrogare la sua. Ed ecco da queste pagine l'indicazione sul primo ca­ pitolo: ...è visto con gli occhi d'un francese produttore di film, Jacques Laruelle. Si stabilisce una sorta di rilievo sul terreno, espri­ mendo a un tempo il ritmo lento, malinconico e tragico del Messico stesso. Luogo d'incontro d'innumerevoli razze, antica arena di conflitti politici e sociali, dove, come io credo Waldo Frank l'abbia dimostrato, un popolo geniale e colorato dà vita a una religione che noi possiamo definire della morte. È un luogo ideale per situare la battaglia di un essere contro le potenze delle tenebre e della luce. 37

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