Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982
prende infine il viaggio nell'universo quotidiano, nella «prosa del mondo». Fino alla dissipazione delle ombre della memoria, alla caduta del senso, al labirintico sno darsi della ripetizione, alla perdita di valore della parola e dello stesso narrare: Joyce, la Woolf, la Stein, Beckett sono altrettante figure di questa metamorfosi. Ma su questa storia incombe l'ombra di Amleto: luogo pregnante di una domanda sul soggetto, anzi sul dubbio circa la sua fondazione; tragedia «originaria», nella quale la morte del Padre, la caduta dei simboli regali, persistono come anteriorità, fantasma, obbligo a pensare, impedimen to all'azione. Il tempo non appartiene ad Amleto. Suo è il frattempo: l'attimo che si situa tra un tempo (quello della tomba) e un altro tempo (quello della rappresenta zione). Il personaggio del romanzesco moderno in certo modo risolve l'immobilità di Amleto: Robinson non ha più padre, è figlio di se stesso. Da quel momento il nuovo eroe si muoverà nel campo del possibile, tra il riconosci mento della propria solitudine mondana e la trasforma zione dell'azione in racconto. Eppure Amleto, la sua om bra, persisterà. Al personaggio che gli succede Amleto tramanda qualcosa: dice che «è l'Altro (il Padre, il Fan tasma, o la Forma in cui, o rispetto a cui, l'io prende vita) a dargli senso». La metamorfosi del romanzesco mo derno può essere raccontata nominando, ogni volta, que sto luogo che costituisce il senso, ma anche la sua dis sipazione. Il libro di Nadia Fusini intraprende questa in dividuazione di forme: salvandole dalla fissità appena mo strano il segno d'una definizione, giocandole nel ritmo di un montaggio che sa dissolvere il saggio in racconto critico, la domanda sulla forma narrativa in problema di scrittura. Antonio Prete 227
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