Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982
ficile allora, oggi, il sedimento della storia non ci rende le cose ancora più improbabili e complesse? L'intelligenza critica di Starobinski compie prodigi di lucentezza; dispensa tesori culturali e di riflessione a pie ne mani, anche se il senso «di una delusione» non è pos sibile non avvertirlo, a lettura ultimata. Quell'evento ha dato i suoi frutti e dista anni luce da noi. In ogni caso ha sempre un suo valore, dal momento che ci permette di leggere una esercitazione perfetta e delle pagine (come quelle su Goya) di intensità quasi uniche. ROLAND BARTHES Lezione Torino, Einaudi, 1981 Gregorio Scalise Il linguaggio è strutturato come una città. È percor ribile lungo strade, «l'enorme rete di strade sbagliate ben praticabili» (Wittgenstein). Si fregia di monumenti. Pre dispone luoghi comuni. Per Barthes, però, il linguaggio «ovvero, per essere più precisi, la sua espressione obbligata: la lingua» (p. 7) è strutturata come una prigione. Una prigione del tutto particolare, un labirinto di Cnosso, che non ha chiusure ma da cui non si può uscire (situazione del Minotauro) - che può essere percorso indefinitamente ma conduce a un unico centro (situazione delle vittime). Non si esce dal linguaggio; e, all'interno del linguaggio, si è costan temente risucchiati verso il mostro («il parassita») che vi si annida: il potere, i poteri. La langue, grazie ai mec canismi che Barthès chiama l'autorità dell'asserzione (la struttura che preme è la stessa specie in quanto entità parlante) e la gregarietà della ripetizione (in ogni segno 204
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