Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982

sfiora i corpi. Il «bonheur» ripensato dalla parte della malinconia. Suprema finzione: come se la · tristezza non fosse sempre lì a sorvegliarlo. E la noia. Idea d'uno studio sul leopardismo di Gide (non solo perché egli fu l'ultimo degli scrittori francesi a conoscere ed amare Leopardi). Di una trasparenza di scrittura: l'apparizione della ragazza all'alba nel bosco, l'incontro, e i silenzi, e quest'amore che ha qualcosa delle pagine dei «fabliaux» (camminare all'alba in silenzio come i cavalieri del racconto che Luc fa a Rachel: leggera «mise-en-abime»). Passaggi del de­ siderio: dal silenzio alla parola al racconto al vuoto. La fine come dispersione al vento, guardare semplicemente altrove, senza lagrime e sorrisi. «J'ai voulu raconter un rapport de saisons avec l'ame». Intreccio tra il narratore ed i personaggi, tra i silenzi del bosco e la mondanità della destinazione («Madame - c'est à vous que je contera cette histoire»). Raccontare come differimento della ten­ tazione («Et chaque livre n'est plus qu'une tentation dif­ férée»). Barthes trasformerà la narrazione di Gide in cri­ tica. Un amico mi manda il suo primo romanzo: Giampiero Comolli, La foresta intelligente. Mentre lo leggo, avverto qualcosa che mi soleva accadere nello scorrere di narra­ zione in narrazione che facevo da ragazzo quando divide­ vo i pomeriggi e le sere in una indisciplinata sporporzione tra compiti scolastici e libero segreto abbandono alle let­ ture: la scrittura, da tersa che è, si sfrangia e si dissolve continuando a ricomporsi fuori di se stessa nella tua men­ te, come un'ombra su uno specchio d'acqua mossa, così non esaurendosi nel suo primo apparire, ma chiedendo una complicità da reveur. Questo di Comolli è un rac­ contare denso di voci che non rinviano a nessun corpo, di corpi che sfumano il godimento in tristezza, di sguardi che non possiedono. Una fantastica meditazione sulle ap­ parenze. Il personaggio è condotto verso incontri e dia- 194

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