Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982
tura che, attraverso Paludes, arrivi a dispiegarsi nel sapore delle Nourritures, che alla vena solare e lontana del rac conto. Poi, complice la luce della campagna salentina, il racconto mi prende. Quale eco rimane dell'«école pa'ien ne»? Quale presagio di certe sere dannunziane? Questa Alessandria dorata come un sogno d'infanzia, marmorea come certi fondali della commedia classica, solennemente irreale come le architetture miniate degli ultimi «enlumi neurs» gotico-umanistici già influenzati dalla pittura ita liana, non ha niente da spartire con la severissima Ales sandria di Clemente e Origene, infiammata di biblica e segesi. O è il suo splendido «enfer»? Le sacerdotesse della dea, i riti d'amore e l'ardore della protagonista che appare nuda alla folla con i simboli rubati per lei ad Afrodite, compongono sequenze d'una memoria parnassiana. Nel fascino della raffinatezza, questa memoria ha un rapporto con l'antico come citazione che prende l'intero campo visivo, come reperto che arreda le sale della scrittura, sogno d'un viaggio verso la lontana terra del «bonheur». L'«invitation au voyage» che Baudelaire ha risolto in allegoria, per alcuni dei suoi eredi diventa, con le varia zioni di scuole e di stili, viaggio al tramonto su una nave lucente verso l'antico. Hanno raccolto alla lettera un'an notazione baudelairiana in Fusées: «Ces beaux et grands navires, imperceptiblement balancés (dandinés) sur les eaux tranquilles, ces robustes navires, à l'air désoeuvré et nostalgique, ne nous disent-ils pas dans une langue muette: Quand partons-nous pour le bonheur?». Nel racconto giovanile di Flaubert, Novembre, il diario cerca la forma del romanzo, il primo rapprendersi dell'a dolescenza in memoria cerca il cammino della scrittura, la passione (come sogno dell'infinita possibilità dell'espe rienza) cerca la propria misura nel monologo e nel per sonaggio, cioè nelle due classiche delimitazioni formali dello spazio romanzesco. L'universo di immagini alla de- 192
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