Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982
che, nel rompere il malefizio, impedisce al principe di portare fino in fondo il suo compito difficile, si coglie, in una patetica impressione di turbamento per chi assiste, come un'insidia irresistibile. Si può anche dubitare che la «stremata grazia» di ric cioli d'oro e di occhi ammaliatori, in cui il giovane risplen de una volta schiuso dalla forma del serpente, non sia una regolare trasfigurazione. Difatti la fiaba più avanti ci ha detto che quel principe anche prima della «desgra- zia» era «bello comme a 'no Fato»; sotto gli occhi di Grannonia tornerebbe dunque alla grazia sua propria, e in questa risplenderebbe all'estremo («stremata» viene dallo spagnolo «extremada») per la sorpresa e la metamor fosi, senza trasfigurare in un «nuovo aspetto corporeo». Anche nell'interpretare questo particolare avevamo fatto affidamento su un coefficiente letterario d'allusività e d'a nalogia, e proprio tramando il gioco e l'ambiguità del linguaggio avevamo usato la precisione che occorreva nel l'intendere quel «deventaie» come principio e segno della trasfigurazione. Abbiamo già portato molto avanti il piacere e la prova dell'ambiguità, in questo spazio aperto tra «elementi fun zionali» della fiaba popolare e opzioni di una sua elabo razione artistica - uno spazio distinto da linee di raffronto e di divario o mutamento, per intendere caratteri essen ziali del Cunto de li cunti che, per ipotesi, attengano a uno stile. Il rigore della morfologia non tiene: ed era prevedibile. Rileviamo in un punto elementi di trasgres sione e innovazione per riconoscere e svolgere lo stile dell'opera in strutture e modalità. L'ambiguità si accerta come legittimazione e fruibilità di tutte le interpretazioni accennate, come compatibilità delle funzioni individuate o ammesse in ogni parvenza della ventura del serpente: e si coniuga nel particolare concreto di una composizione fiabesca variante, multiforme. In principio la fiaba neppure prevedeva questa ventu- 12
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