Il piccolo Hans - anno IX - n. 33 - gennaio-marzo 1982
Osserviamo che cosa avviene con la relazione di Octave Mannoni «L'ateismo di Freud» e la successiva discussione, e risposta di Mannoni, nel «Campo freudiano». Man.noni precisa che Freud «due volte fa professione di appartenere alla scuola epistemologica di Vienna, quella del neopositivismo, quella di Mach (di cui avemmo l'equivalente in Francia in un libro di Pierre Duhem)». Una di queste volte è in Pulsioni e loro destini (a cui ci siamo già riferiti, appunto, per il «concetto convenzionale» di pulsione). Freud «situa la verità[...] nei fatti osservati». Mannoni tende a interpretare ciò, nei riguardi del problema dell'ateismo di Freud che lo interessa e lo possiede a tratti, come una posizione di agnosticismo, e non di ateismo. Possiamo ritenere esatta questa precisazione sul fenomenismo. E ritornando a riferirsi a Duhem, Mannoni racconta che con simile atteggiamento egli dovette rispondere a certi studenti, «probabilmente marxisti», che gli avevano contestato l'elabo razione di una «fisica da credente»... Volendo distinguerne sot tilmente Freud, Mannoni compie un certo slittamento, che è assai controverso se è utile o no. Il riferimento di partenza della relazione è al carteggio di Freud col pastore Pfister, dove la psicanalisi viene detta «né religiosa né irreligiosa». L'intervento di Miller nella discussione è assai deciso, netto, radicale in senso classico: «Freud situa la religione nel registro della nevrosi» oppure «parla della religione come di un deli-· rio». E anzi Freud arriva a menzionare la psicosi allucinatoria quando, in un frammento di conversione religiosa, il convertito dopo l'ultima crisi di incredulità testimonia di una transitoria «voce interiore» (1928). Cosa risponde Mannoni? Risponde, ed è in questo luogo che si trova a nostro avviso evidenziata la differenza di uso del rapporto Freud-Lacan (fra Mannoni e questo Miller): l'a teismo di Freud è corrispondente «all'assenza di qualsiasi ga ranzia, all'impossibilità di ricordare una verità estranea, di contare su una ragione fondata in un'autorità». E tuttavia Man noni rivela che tale atteggiamento potrebbe sussistere in un credente diventato ateo: egli, cioè, potrebbe «restare sensibile all'autorità». Si può ancora meglio considerare lo slittamento decisivo, nel tema posto come «ateismo» invece che come «ma terialismo» di Freud, se si osserva che non più si parla di un «nucleo di verità nel delirio», come Freud ha detto, ma complessivamente, secondo un'altra frase di Mannoni, «Freud si è messo nell'obbligo di domandare la verità là dove la si 119
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