Il piccolo Hans - anno VIII - n. 32 - ottobre-dicembre 1981

ler dire sapere assoluto, sè partiamo dalla definizione che mi sono permesso di richiamare come criterio del nostro modo di affrontare la questione del sapere? È for­ se da qui che partiremo la prossima volta, sarà perlo­ meno uno dei nostri inizi. L'altro è questo, e non di minore importanza, anzi, e particolarmente salutare riguardo alle enormità davvero sconfortanti che s1 sentono dagli psicoanalisti a propo­ sito del desiderio di sapere: se c'è qualcosa che la psi­ coanalisi dovrebbe obbligarci a mantenere con fermezza, è che il desiderio di sapere non ha alcun rapporto con il sapere, a meno che, naturalmente, ci si accontenti della chiacchiera lubrica della trasgressione. La distinzione ra­ dicale che ha le sue estreme conseguenze dal punto di vi­ sta della pedagogia, il fatto che il desiderio di sapere non è ciò che conduce al sapere, è una cosa che infine, io pen­ so, permetterà di motivare entro un termine più o meno lungo il discorso stesso dell'isterica. Ma in fin dei conti, c'è una questione da porsi: il Maitre che opera questa operazione di spostamento - chiamatela come volete - la girata bancaria del sapere del servo, ha forse voglia di sapere? Ha il desiderio di sa­ pere? Perché l'abbiamo visto · fino a un'epoca recente, anche se si vede sempre meno, un vero Maitre, lui non desidera sapere proprio niente, desidera che le cose fun­ zionino! E perché dovrebbe voler sapere? Ci sono cose più divertenti. Allora la questione è di sapere come il filosofo sia riuscito a ispirargli il desiderio di sapere. È su questo che vi lascio. Una piccola provocazione ! 74

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