Il piccolo Hans - anno VIII - n. 32 - ottobre-dicembre 1981

da questa genesi non è però possibile ricavare perché in questo modo si sprigioni proprio un sentimento del pu­ dore, quello stesso sentimento del pudore che ci coglie quando violiamo convenzioni esteriori o quando ci viene calorosamente reso un elogio. Mi sembra invece che il pensiero di Darwin indichi, anche se ancora molto da lontano, il cuore del problema. Se osservo le singole espressioni del sentimento del pu­ dore, vedo che ad esse tutte è comune una forte accen­ tuazione del sentimento dell'Io, che va di pari passo con uno svilimento dello stesso. Vergognandosi, si sente che il proprio Io trova rilievo nell'attenzione di altri e al tempo stesso che questo rilievo è legato alla violazione di una qualche norma (oggettiva, etica, convenzionale, per­ sonale). Ora, la molteplicità - che non va assolutamente ridotta ad unità - dei motivi per i quali ci si vergogna trova spazio in questo schema di per sé molto vuoto anzi­ tutto perché la contrapposizione che sentiamo tra la no­ stra soggettività ed una norma si realizza in numerosissimi modi. Se ci viene rinfacciata una colpa morale questo contrasto diventa visibile in modo diverso, ma non più visibile che in occasione di un elogio che riteniamo di non meritare o almeno di non meritare del tutto. E se è vero che l'uomo modesto, anche quando creda di non meritarlo, arrossisce per un elogio, l'essenza della mode­ stia è appunto quella per cui si diventa consapevoli, ogni volta che si esperisce un'accentuazione del proprio Io, della tensione di fondo tra l'Io e il suo ideale. Nel caso più ovvio di pudore, quello legato alla nudità del corpo, l'elemento decisivo è l'estrema attenzione che si sente diretta a se stessi e la contemporanea umiliazione. Ogni personalità è circondata da una certa sfera di riserbo e di inavvicinabilità, i cui confini sono però straordinaria­ mente mutevoli a seconda delle circostanze culturali e individuali: ogni intrusione in questa sfera è sentita 42

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