Il piccolo Hans - anno VIII - n. 32 - ottobre-dicembre 1981

come espressione arcaica di una pre-coscienza nazionale; ma è lo schema schellinghiano lirico-epico-drammatico che si affermerà fino a tempi a noi vicini. D'altra parte, osserva Genette, non v'è un limite alle sorprese quanto ai ritorni tematici e prospettici, saline sommerse nella storia delle 'idee: in Die Logik der Dich­ tunf del 1957 Kate Hamburger torna non senza ardire a uno schema binario para-aristotelico, rivoltandosi contro uno schema triadico · l a cui forza d'inerzia non cessa an­ cor oggi di stupire; si tratta della polarità tra lirico e finzione: nel primo termine dell'antinomia ricadono tra l'altro l'autobiografia e il romanzo in prima persona, nel secondo l'antico universo epico-drammatico, non­ ché la ballata in quanto«poesia narrativa». Il criterio della Hamburger è dunque strettamente modale-pragma­ tico, in quanto si fonda sulla distinzione tra enunciazione deittica (comprensiva dell'io del soggetto enunciante) - definitoria del tipo lirico - ed enunciazione no� deittica (senza impronte della sua origine«soggettiva») - defi­ nitoria della cosiddetta«finzione». Così la lirica - con una bella rivincita su Aristotele che non la contemplava neppure - viene ad occupare la metà dell'universo poetico. Con un percorso à rebours, avviene che di qui alle petizioni non lontanissime di una«poesia pura» o del famigerato binomio poesia/non poesia (ma davvero l'estetica jakobsoniana postformali­ stica, col suo insistere sull'autoriflessività della funzione estetica del linguaggio, se n'è distaccata a sufficienza?) il passo, come si può intuire col senno di poi, non è né breve né difficile. Con le · posizioni estreme o estremistiche (neoideali­ stiche o tardoromaniche, poststrutturalistiche o prese­ miotiche) il cerchio storico della teoria dei generi si chiude su se stesso, come la «ruota» ideale tracciata da Petersen nel 1925 (con la Urdichtung come mozzo; lirica, epos e dramma come raggi e una quarantina di generi «storicamente dati», come sottosuddivisioni ri­ sultanti). Tutto ciò non è privo, osserva Genette, né di interesse né di pratica efficacia, a patto di non cadere - o di farlo almeno coscientemente - nelle ipersemplifica­ zioni storiche dei paradigmi o, viceversa, in quei parossi­ smi tassonomici - glacialmente astorici - che anche Bar­ thes non perde occasione di esecrare. 232

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