Il piccolo Hans - anno VIII - n. 32 - ottobre-dicembre 1981

concetti di Luogo e Spazio, Rouve rende conto dei due filoni della pittura di Turner, due aspetti dell'unico pro­ blema del colore: quello che privilegia la definizione dei particolari, i loro contorni (il « to topographize»), e quello dell'indeterminazione premeditata. L'Ubitas, afferma Rou­ ve, ha due facce come la luna: l'una, visibile, è il Luogo, l'altra, invisibile, lo Spazio. Se ciò che caratterizza i luo­ ghi dipinti è la loro determinazione, il fatto che siano « finiti e definiti», la loro referenzialità, ogni « Luogo dipinto è un Quadro Semantico»; ma, sul piano strut­ turale, questo avviene attraverso l'accentuazione degli op­ temi acromatici e « più l'acromatismo è ridotto, più la definizione di Luogo è vaga. Quando la triade cromatica è esclusa, il Luogo è spostato. Al suo posto s'installa lo Spazio». I luoghi sono costituiti di forme che manifestano la loro propensione alla significazione attraverso contorni che isolano le identità (il « to isle identities» di Blake)'; e con l'abolizione dei contorni si aboliscono le identità particolari, emergono generalità indeterminate. Di qui la transizione dal Luogo allo Spazio, la cui opposizione è data dalle antinomie finito/infinito, dentro/fuori, incluso/ escluso, condensato/diffuso, lei/Nulle part. Le policro­ mie di Turner, come le aveva definite Signac, prendono ora l'aspetto di « politopie»: esse, nella loro accentua­ zione cromatica, significano quella « multeity» (dal ter­ mine coniato da Coleridge) che conviene all'essenza non matematica dello spazio. Accusato di esser soggetto ad una malattia cerebrale che lo spinge « a pensare diverse cose alla volta» e gli impedisce di separarle nel « modo normale e logico», Turner dichiara apertamente il suo tentativo di <e infon­ dere vigore e animazione là dove niente accade» (cc une­ ventful», letteralmente al <e non-pieno-d'eventi»). cc Per­ ché lo spazio sia significato», afferma Rouve, cc bisogna che gli optemi respingano i morfemi»; l'intento di Tur­ ner, il suo sogno, è di fondere apeiron e metron, è di ottenere e inscrivere quell'insieme espresso dalla pa­ rola sanscrita <e Bhavati», che significa al tempo stesso <e questo è » e <e questo diventa». Egli, inf i ne, rappresenta due nature: l'una Newtoniana, l'altra Eraclitea o Elisa­ bettiana, come Rouve dimostra rifacendosi a Spencer e a Shakespeare. 226

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