Il piccolo Hans - anno VIII - n. 32 - ottobre-dicembre 1981
PAOLO VOLPONI Il lanciatore di giavellotto Torino, Einaudi 1981. Il « non suonato » e il « non detto » di forsteriana me moria (a libro chiuso, ammoniva E. M. Forster, si afferra la vera parola di un romanzo, di un racconto) insistono con particolare premura dopo l'ultima pagina de Il lan ciatore di giavellotto di Paolo · Volponi. L'immagine che più resiste, che più si imprime nella memoria del lettore è quella della madre del protagonista, Damìn, giovane omicida-suicida. È un'immagine che va a collocarsi in un tempo prepatriarcale. È lei che, nelle ultime righe, do mina la scena. La sua è una presenza sullo sfondo, un po' più lontana, silenziosa, eppure eloquente più di tutti. Co me nei sogni, le figure in disparte sono quelle che con tano : bisogna interpretarle. Noi, ce lo ricorda Marie Louise van Franz nel suo libro sull'inkrpretazione delle fiabe, ritroviamo il nostro mito nell'interpretazione. La madre di Damìn è una presenza di cui si scorge, in ma niera particolare, l'assorta posizione della persona e, massimamente, lo sguardo. È uno sguardo che giudica, uno sguardo che a noi pare azzurro, ma non di occhi az zurri: azzurro di ombretto, di cosmetico. La persona è giovane, morbida, ben fatta. Porta un vestito scuro che la fascia, non poco, ai fianchi e al petto. Delle parole degli altri, nel libro ripensato, si ricorda solamente l'inter vento esplicativo, decisivo del vecchio suocero, che in tutto H libro appare come il conservatore del mestiere di vasaio. Il nodo è qui: il vecchio dice che ora i vasi li fa lei, la madre di bamìn, la nuora. Si è parlato di prepatriarcalità. Il romanzo di Volpo ni si conclude con la restituzione dell'arte di vasaia alla donna: il vaso, manufatto sacro, anzi, il più sacro dei manufatti, nella prepatriarcalità, era opera delle donne, che, sole, riuscivano a farlo. La donna sapeva e poteva fare i vasi perché somigliavano a lei, erano fatti come lei. Anatomicamente; ma soprattutto perché dentro la donna come dentro il vaso tutto si trasforma. È questo, del resto, il ragionamento, affascinante e convincente, che Adrienne Rich svolge in polemica con Erich Neumann nel suo libro Nato di donna. La polemica è fondata sul tema della trasformazione, non della conservazione: la 215
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