Il piccolo Hans - anno VIII - n. 32 - ottobre-dicembre 1981

NADIA DALLA MORTE LA LEFORT L'HA RICONCILIA­ TA CON L'IDEA DELLA MORTE. Con quella morte che si sconta vivendo. Ma la Lefort era convinta di restituire a Nadia la vita guarita, la vita dello specchio: « But when my glass shows me myself indeed... Mine own self-love quite contrary I read, Self so self-loving were iniquity ». (Shakespeare) Nel momento stesso in cui i flussi umorali sono ces­ sati Nadia ha acquistato i gesti costitutivi dei riflessi di posizione. Si è fatta adulta. Ha acquisito quella che si dice essere una regalità uranica. Un'altra anoressia ades­ so la perseguita, che io conosco bene, quella della bouche d'ombre. Questa bocca non mangia il pane della realtà, ma noi sopravviviamo solo grazie al .suo digiuno. MICHÈLE MONTRELAY L'ombra e il nome Gianni-Emilio Simonetti Milano, Edizioni delle donne 1981. Scrivere di un testo psicoanalitico (e sarebbe da chie­ dersi: di un testo analitico in generale?) può spesso si­ gnificare iscriversi nel puro equivoco, nel diffondersi dell'equivoco puro, quando non si parli dall'interno del discorso analitico stesso. Si rischia sempre infatti: o di usare di categorie concrete per torcerle all'astratto al critico al filosofico, o di produrre analogiche messe in scena di un oggetto supposto reale, di fatto riconducen­ dolo al proprio fantasma. Tuttavia, ci sentiamo invitati a questo rischio da quel tentativo di tematizzare un « di­ re-di-più», che Michèle Montrelay persegue in L'Ombre et le Nom quale differenza del discorso femminile interno all'analisi, opponendosi in tal modo alle rotture defini­ tive del Logos (filosofico e psicoanalitico) pretese da Luce Irigaray. 212

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