Il piccolo Hans - anno VIII - n. 32 - ottobre-dicembre 1981

stione di metafisica e non soltanto di psichiatria o psi­ coanalisi: il folle da scoprire non lascia soltanto indizi, ma da buon paranoico si crea un mondo (si fa Dio). Solo che lo crea così bene da trarre in inganno l'investi­ gatore o perlomeno il lettore. Nel romanzo di Robert Bloch Psico (1959; ed. it. in Il delitto secondo Hitchcock, supplemento al Giallo Mon­ dadori), noto soprattutto in una versione cinematogra­ fica meno esemplare da questo punto di vista, il let­ tore è portato a credere fino a un certo punto non lon­ tano dal finale che l'assassino sia la vecchia madre pa­ ranoica di Norman Bates, il protagonista. Si scoprirà poi che la vecchia madre è morta da anni, nonostante che il lettore si sia abituato alla sua inquietante pre­ senza. La realtà è che Bates è uno schizofrenico, non­ ché l'autore dei delitti. Ma a uccidere è stata soltanto la sua seconda personalità attraverso la quale faceva ri­ vivere la madre. (Ho scelto Psyco come testo esemplare, ma lo stesso dispositivo narrativo, anche se non in for­ ma così estremistica, si trova anche in romanzi di Cor­ nell Woolrich, di Fredric Brown e di Richard Matheson. Questi due ultimi autori hanno scritto anche racconti di fantascienza in cui il Dio-paranoico che si scopre alla fine è meno metaforico). Dal riferimento a indizi psicologici o ideali, da cui sono partito, si giunge a un vero e proprio idealismo (seppure metodologico più che ontologico): il folle di Psyco non è formalmente diverso e meno inquietante del Dio del vescovo Berkeley che «produce tutte le varie idee o sensazioni che continuamente ci impressionano e dal quale noi dipendiamo assolutamente e interamente » (Trattato sui principi della conoscenza umana, § 149). In questo senso un romanzo come Psyco è il limite massimo di ogni poliziesco psicologico o psicoanalitico, come Arsène Lupin era il limite del poliziesco indiziario­ deduttivo tradizionale. Van Dine obbiettava che gli indizi 202

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