Il piccolo Hans - anno VIII - n. 32 - ottobre-dicembre 1981
un altro viaggio nella molto sfaccettata movenza dei piani di locuzione dove si incrociano codici e luoghi di enunciazione compositi. Comunque sia i titoli delle quattro raccolte comprese nel libro paiono illustrare quanto detto finora: il titolo della prima è sul sonno, il secondo « Altre grammatiche» sembra annunciare il libro delle « traduzioni» dalla lin gua di quella terra straniera ( « Nel sonno si fanno le migliori poesie»), il terzo « Visite e viaggi» è immedia tamente nel «tema», il quarto « Il salottino di Baker Street» ci indica quell'inversione di marcia che riporta a una costruzione fatta « in studio», nel boudoir del poeta, o di Sherlock Holmes (già apparentato a Freud), o « in interno» come in studio cinematografico, nell'in timità culinaria - ma si tratta di cucina internazionale - di una lingua sovradeterminata. « Andato in cucina a scrivere ridiculus mus / qualche verso in qualche in glese / o pidgin english - ma in che lingua languo?» (15, I). L'accento zanzottiano di questa chiusa induce ad os servare che, come per l'autore del Galateo, il luogo è « nessunluogo»: « questa cosa che non ha luogo / è il meglio che ci sia» (17, I). Eppure i luoghi tornano, o almeno i loro nomi, si dividono lo spazio in zone privi legiate: così il ponte (18, I), o qualche localizzazione cor porale, l'orifizio, o « astronomica», il buco nero. «Il lo cus è un soggetto» (10, I) come cartesianamente con ferma « Il dubbio cerca un uhi» (2, III) senza alcun con sistam, piuttosto il «tra» due luoghi (il ponte - quanti ponti nella poesia contemporanea?) di cui parlava Agosti nel suo saggio « Sul lago d'Orta» di Montal�. Eppure tra «L'O di Rousseau» (10, II) e lo zero di Giotto - « E' zero, vuoto / come una O di giotto questo luogo / con la scrittura che si destruttura.» (9, III) - sta un con tatto, la forma minima dell'estensione, la traduzione elet- 184
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=