Il piccolo Hans - anno VIII - n. 32 - ottobre-dicembre 1981

e quattro, e non, per esempio, cinque e tre? D'altra parte, proprio perché si muove all'interno di una psicologia co­ scienziale, egli non può non desiderare sopra ogni cosa di praticare esattamente quel passaggio, dispiegandone la continuità. E' vero che la parola sembra offrirglisi come il luogo di coalescenza del soggetto con l'oggetto, in cui finalmente si compia il gran passo kantiano 18 , ma è anche vero che quella parola con un significato, in cui lo sbarramento tra il sentire e il pensare si dia come cancellato, rischia di rimanergli straordinariamente si­ mile a un io, sia pure minuscolo, col rischio di cecità che la preminenza del pensiero le minaccia. Come fare per assicurarle anche tutta la ricchezza rappresentativa della lettera, della piccola i tutta sola? L'immagine verbale, limitata in profondità dalla rap­ presentazione visiva pura, affiora in superficie come sim­ bolo grafico: segno tipografico, o addirittura disegno. La parola sembra tendere verso una forma propria di fi­ guralità, e voler impegnare l'occhio nella decodificazione di simboli astratti: in questo senso il leggere ha, scrive Coleridge, « un effetto di portata incalcolabile sulle no­ stre facoltà razionali» (Not., 866 21.80; dic. 1800). Le sue lettere, i suoi appunti, sono disseminati di schizzi, a volte semplici linee appena accennate, che vorrebbero rappre­ sentare in un dettaglio minimo un particolare di un pae­ saggio, di un oggetto naturale; il disegno è usato come parola più arcaica, e tuttavia indispensabile, chiamata a supplire dove ne manchi una più evoluta. Disegno e pa­ rola scritta vengono messi in relazione di complementa­ rità, a volte di competizione: « senza Disegno, mi sento solo a metà investito del Linguaggio» (Not., 1554 21.274; ott. 1803; oppure: « Cristo, mi fa impazzire che io non sia pittore, o che i Pittori non siano Io!» (Not., 1495 7.44 f65; sett. 1803), dove riceve il massimo risalto, col gioco che la lingua inglese consente tra I e eye, tra io e occhio, il rapporto di tensione che la parola instaura tra i due 134

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