Il piccolo Hans - anno VIII - n. 32 - ottobre-dicembre 1981

zioni », dove nella continuità di una formazione la di­ scontinuità topologica appare all'origine. Il residuo si manifestava come unità che permaneva nel cambiamen­ to (dal feudalesimo al capitalismo, forse dal capitalismo al socialismo), la separazione ci indica al contrario una disgiunzione che riappare nella storia delle fusioni. È a questa apparente « doppia verità » che vorrei dedicare il mio testo. Voi ricordate che . L'uomo Mosè e la religione mono­ teistica è costituito da tre saggi, scritti in tempi diversi e caratterizzati da discontinuità, ripetizioni, opposizioni, « Mosè Egizio », « Se Mosè era Egizio »..., ricapitolazioni, « La religione Monoteistica». Egizio o Ebreo, « di tutto il mito, sottolinea Freud, solo un pezzettino rimane valido, ossia l'attestazione che il bimbo sopravvisse nonostante la presenza di potenti forze esterne» (op. cit., p. 18). Il pezzettino che rimane è il bimbo. E avevamo collegato il bambino a ciò che Lacan chiama il plus-de-jouir, il più di godimento, che nella nostra analisi era quel resto, quell'in più che in Marx costituisce il plus-valore come qualcosa che ha a che fare con la procreazione (mezzo preparativo della forza-lavoro; cfr. Marx, Il Capitale, libr o I, sez. I, « Tra­ sformazione del denaro in capitale»), e insieme che cam­ bia di mano (cfr. sempre sez. I, « Il denaro ossia la cir­ colazione delle merci »), e che accade « alle spalle della circolazione, invisibile in essa» ; « oggetto piccolo a » che manca alla traiettoria circolare delle pulsioni, e che ricompare sempre spostato, « mascherato dietro i suoi attributi», come indicava Jacques Lacan nel suo semi­ nario sul Transfert del 1960. L'oggetto che cambia di mano, il bimbo Mosè, Egizio o Ebreo, fa sì che anche la trattazio11e di Freud sia frammentaria, incompleta, un « non tutto», quanto è invece unitario ciò che appare della funzione del mito: 11

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