Il piccolo Hans - anno VIII - n. 32 - ottobre-dicembre 1981

un articolo alla moda. Oppure un oggetto di nostalgia, di amore che finisce per corrodere: anche questo amore è tetraggine ( « E poi, a che ingombrarsi di · tanti ricordi? Il passato ci mangia troppo», II, 413). 3. « Il particolare è atroce, soprattutto quando lo si ama come me» (II, 417). Ogni visione generale è pre­ clusa. Non resta che immergersi ferocemente ( « il no­ stro regime: una rabbia fredda e permanente», II, 213; « la mia precisione metafisica mi dà dei terrori», I, 708) nel particolare. Il ricordo « urla» dentro di noi (II, 404), nulla è andato perduto, ma è come se fossimo stati ab­ bandonati dalle cose (II, 58) dalle persone, dalle im­ magini. I miti sono morti, ed è giusto che lo siano (II, 170), ma la loro fine ha lasciato un paesaggio desertico. Dove trovare ora per es. la ricchezza e la complessità che si è perduta con il mito della prostituta (ancora vivo in Baudelaire)?: « C'è nell'idea della prostituzione un punto di intersezione così complesso: lussuria, ama­ rezza, nulla di rapporti umani, frenesia muscolare e tintinnio di monete, che se si guarda fino in fondo viene la vertigine e si imparàno un mucchio di cose (...). Si, a chi non si è svegliato in un letto senza nome, manca qualcosa, a _ chi non ha mai visto sul suo cuscino una testa che non rivedrà mai più, e a chi, uscendo di lì all'alba, non è passato sui ponti con la voglia di get­ tarsi in acqua, tanto la vita gli risaliva dal fondo del cuore alla testa in rutti ...». Anche il mito del borghese non esiste più ( « la borghesia è morta con l'invenzione degli omnibus», II, 518): esiste solo « il brutto in pro­ porzioni gigantesche che l'industrialismo ha sviluppato » (II, 518) e anche l'artista « si volge ai propri affari », obbedendo a questa logica spietata. Dice Valéry che il sogno e la follia non hanno lo 108

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