Il piccolo Hans - anno VIII - n. 32 - ottobre-dicembre 1981

della morte: un libro fatto di rovine, resti, citazioni. Nes­ suno di questi frammenti è vivo. È, in ciò, uno dei testi più impressionanti che siano stati dati alla lettura. Un libro cimiteriale, di tombe. Solo un brivido, talvolta, raro: la melanconia che sembra affiorare allora, come ora; unico tratto forse possibile di comunicazione 2 • Il desiderio di visitare il passato diventa dunque perverso (non ha « motivi» non ha « ragioni»: accumula rovi­ ne, che sono già la caratteristica del mondo: « Un po' di rovine di grazia. È una condizione del paesaggio sto­ rico e sociale», II, 492): diventa come « un desiderio lubrico senza erezione» (II, 747). Dunque in un dedalo di libri, tormentato da citazioni, « accumulo note su note» (II, 752) (« satanées notes» II, 755) per accorgersi, visitando il collegio della sua infanzia, che « non ho mai avuto in viaggio, davanti a qualsiasi rovina, un sentimento d'antichità più profondo. La mia giovinezza è altrettanto lontana che Romolo» (II, 757). È la sensazione che Flaubert aveva già provato nel suo viaggio in Oriente: rovine coperte di polvere e di merda. Incomprensibili. L'unico monumento chiaro è quello alla stupidità: « Ad Alessandria, un certo Thom­ pson di Sunderland, ha scritto sulla colonna di Pompeo il suo nome in lettere alte sei piedi (...). Il cretino si è incorporato al monumento e si perpetua con lui». (I, 689). Il passato resta tragicamente muto. Se l'amore che spinge ad esso è qualcosa di etico, come ebbe a scri­ vere Flaubert a Sainte-Beuve 3 in difesa del suo romanzo storico, in realtà nulla di esso sopravvive. « Resta il presente. Ma la base trema. Dove si possono appog­ giare i fondamenti?» (I, 709). Perché in effetti è pro­ prio questa incapacità di essere e di comprendere e di agire il presente che inibisce una qualsiasi redenzione del passato. E dunque il passato diventa esso stesso 107

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