Il piccolo Hans - anno VIII - n. 32 - ottobre-dicembre 1981

citato il Madame Bovary c'est moi. In realtà (II, 140, 180, 297, 329, 376, 434 ecc.) indica un'estraneità asso­ luta di Flaubert al suo personaggio e mostra, viceversa (II, 497), l'enfasi sulla scrittura che «acutizza questa facoltà critica» o piuttosto «di anatomia». È la disci­ plina feroce della scrittura che permette di «dosare la merda» che costituisce il «presente» incarnato in Bo­ vary. Di riscattarlo in qualche modo. (Roberta Malagoli, in un saggio inedito, ha messo in luce l'importanza della «figura dello scapolo» nell'ope­ ra di Kafka : la dedizione etica e quasi maniacale alla scrittura come unico strumento per «stringere il mon­ do». Il rapporto di Flaubert con Louise Colet anticipa il rapporto di Kafka con Felice in modo addirittura in­ quietante. La dedizione alla «lingua speciale» non am­ mette legami. Vedi anche, accanto alle fi gu re del natu­ rismo, kafkiano, le «figure» religiose in Flaubert: il suo richiamo a una disciplina monastica, alla sospen­ sione dal mondo. Anche Fl., come Kafka, «scapolo»). 2. Il brivido storico (II, 153). «Io simpatizzo (...) per i miseri scomparsi, i popoli morti a cui nessuno ora pensa più, a tutte le grida che hanno lanciato e che ora nessuno intende più» (I, 314). «Donde vengono le melanconie storiche, le simpatie at­ traverso i secoli?» (I, 335). In un'epoca che ha fatto della storia un prodotto della moda, sottoponendo il passato alle feroci regole del presente («abbiamo avuto il ro­ manico, il gotico, il Pompadour, il rinascimento e il tutto in meno di 30 anni», II, 518-519), Flaubert tenta con Salambò un vero e proprio atto di «redenzione storica». Flaubert, come inorridito dal presente e dalla prospet­ tiva futura, si volge al passato. Ma Salambò è un libro 106

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